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Charamsa: La Chiesa odia i gay ma ne è piena

CharamsabyEduardUna Chiesa medievale, omofoba, misogina e pedofila. Dove non c’è molta differenza tra una processione del Corpus Domini e un Gay pride. Perché, in realtà metà dei preti sono gay. È il ritratto del clero, impietoso, disarmante ma che si legge tutto d’un fiato da La prima pietra (Rizzoli, 19,00 euro), il libro scritto dal teologo Krzysztof Charamsa (nella foto)  sospeso dal Vaticano dopo aver dichiarato pubblicamente, a ottobre scorso, di essere omosessuale e avere un compagno

Charamsa, Oggi la possiamo chiamare Cristoforo? È un nome che spesso lei usava, magari si ispirava a Fra Cristoforo, il più profondo uomo di fede dei Promessi Sposi?

Fra Cristoforo (Lodovico prima di diventare frate cappuccino) mi era sempre vicino come personaggio, cristiano e vivace. Nel battesimo ho ricevuto anche un secondo nome, che non è polacco, ma scandinavo: Olaf, a cui sono anche affezionato. Sant’Olaf detto Coraggioso era il re di Norvegia. Krzysztof Olaf Charamsa sarei io “al completo” e come vede: in polacco tutto ciò è impronunciabile. Per questo i miei primi libri che ho pubblicato in italiano li firmavo, italianizzando il mio nome: Cristoforo (per non “spaventare” i lettori). Anche nelle parrocchie chiedevo di essere chiamato semplicemente “Cristoforo” o “don Cristoforo” per essere uno con la mia gente senza muri delle pronunce troppo difficili, dei titoli e talari.

Dopo 20 anni più o meno da prelato, in cui sarà stato chiamato prima Don poi Monsignore oggi qual è il suo titolo?

Giusto il 28 giugno scorso sono passati 19 anni da quando sono sacerdote. Li avevo festeggiati con la pubblicazione del mio libro La prima pietra ed era un bell’anniversario. Rimango sempre don, perché sono prete: qui non cambia nulla. Sono sospeso dalla Chiesa, cioè mi hanno vietato fare prete, ma continuo ad esserlo, come se fossi “in disoccupazione”.

Dal suo libro, La prima pietra, emergono molti sentimenti: Fede sincera di certo. Amore per il suo compagno e per l’amore in genere. Rispetto per i sentimenti tutti delle persone, sdegno (e ci arriviamo) per l’omofobia e l’ipocrisia della Chiesa Cattolica. Non vi ho trovato però rabbia, né rammarico per ciò che ha lasciato? Non le manca nulla?

Con questa domanda mi fa un gran regalo, facendo vedere che ha letto il mio libro. Grazie! Ha ragione: non c’è in me né rabbia né rammarico. Ci sono tutti i sentimenti di una liberazione, di pace e di soddisfazione di un cammino molto duro e della decisione più importante della vita, la quale – sapevo – non poteva essere compresa né dalla Chiesa istituzionale né da molte persone. La si comprenderà meglio solo fra qualche decennio quando la Chiesa maturerà. Il mio è un libro di speranza e di conforto che viene dal coraggio di affermare se stesso. Certo, non manca la denuncia forte. C’è anche il linguaggio di una “rivoluzione”, ribellione, protesta ed è chiaro e duro, come dura è la realtà da denunciare: ostinata paranoia dell’omofobia cattolica. Ma tutto ciò è fatto dal punto di vista di uno che ama la Chiesa e si sente parte integrale di essa, soffrendo per la sua cecità. Proprio per amore non si può tacere, non si può nasconderla sotto parole dolci. La rivoluzione omosessuale nella società in difesa di diritti umani delle persone LGBTIQ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, interesex e “questioning”), ha usato un linguaggio di dura protesta e quello deve succedere anche nella Chiesa. Altrimenti la Chiesa non si sveglierà mai.

Se mi manca qualcosa? Certo che ci sono molte cose che io amo nel sacerdozio: insegnamento, colloqui spirituali, omelie, meditazioni con i fedeli, che mi sono state vietate.

Lei racconta che fin da bambino sono cresciuti in lei due sentimenti, la vocazione sincere e la voglia di impegnarsi in essa e la presa di coscienza del suo essere omosessuale. Come mai per così tanti anni ha ritenuto che potessero convivere?

Esse possono convivere e devono convivere, solo la Chiesa stigmatizza l’essere gay e impone conflitti insopportabili. Essere prete gay o prete etero è ugualmente buono. Ciascuno porta i propri doni.

Dice anche che ciò che ha fatto di lei un prete migliore è proprio l’essere gay? Ce lo spiega meglio? Ed è così per la maggioranza dei buoni preti che incontriamo sulla nostra strada?

Devo chiarire una cosa: molte volte la gente dice che uno è omosessuale o uno è gay quando inizia ad avere i rapporti sessuali, invece questo è falso. L’essere gay è un fatto costitutivo del nostro essere ed è indipendente dai rapporti sessuali. Uno può essere gay e non avere alcun rapporto di amore tutta la vita. Ma è vero anche che l’essere gay esige di prendere coscienza di questo fatto, come d’altronde anche l’essere eterosessuale, solo che per gli eterosessuali questo è più facile nelle nostre società, mentre per i gay più difficile a causa della ostilità della società, dello stato, delle chiese o religioni. Io comprendendo sempre meglio il mio essere, amando la mia natura omosessuale diventavo al contempo un prete migliore. Perché diventi migliore quando accetti te stesso.

Eppure percepiva e viveva con fastidio l’ipocrisia della Chiesa; scrive: “Il clero cattolico è quella congregazione di travestiti che vieta istericamente ad un ragazzo di indossare la gonna. Travestiti che perseguitano altri travestiti”. Che cosa la spingeva a restare dentro quella congregazione?

Coglierei una parola della sua domanda: “istericamente”. In effetti oggi assistiamo nella Chiesa cattolici a delle reazioni isteriche davanti agli importanti studi sul genere. In Italia sentiamo continuamente di quell’apocalisse disumana che è “gender”, che gira come un’epidemia e infetta, uccide, ci elimina. È questa purtroppo la nuova ossessione della Chiesa. Abbiamo creato quest’immagine nella Chiesa e non sappiamo neanche di che cosa stiamo parlando quando stigmatizziamo quella riflessione moderna sul significato sociale della sessualità. Oggi, ad esempio, sappiamo già moltissimo sulle persone transessuali o su quelle che sono travestite, ma nella Chiesa ci siamo rifugiati nell’ignoranza, condannando tutti e tutto, senza neanche conoscerli. Oggi comprendiamo meglio come le caratteristiche maschili o femminili non sono solo qualcosa di esclusivo rispettivamente di uomini e donne. Con il suo clero, la Chiesa dovrebbe essere prima a scoprirlo, mentre allergicamente rifiuta qualsiasi riflessione al riguardo.

La Chiesa fa di più che condannare i gay, ne disconosce l’esistenza, lei scrive. E così facendo giustifica ogni forma di attacco contro qualcosa che, appunto, non farebbe nemmeno parte dei disegni divini, semplicemente non ha diritto di esistenza. Ed esercita un vero e proprio lavaggio del cervello ai giovani seminaristi. Un odio che nasce da che cosa?

Sì, il maggior disprezzo è togliere il diritto di esistere dell’altro nello spazio pubblico e comunitario, ma anche a livello del linguaggio, della legge, etc. Le dichiarazioni della Santa Sede dopo la strage omofobica di Orlando hanno confermato questo approccio del Vaticano che annulla i gay. Erano i gay che sono stati uccisi in odio omofobico, mentre il Vaticano nel suo comunicato non li riconosceva, li privava della loro identità omosessuale con il ridondante silenzio. È come “ucciderli” per la seconda volta. Pensi, che nei decreti contro di me mai non hanno specificato il mio “delitto”: mai non hanno chiamato con nome il mio essere omosessuale, la mia relazione di amore omosessuale con il mio partner. Non hanno neanche formulato la fattispecie del reato per cui mi hanno condannato. L’omosessualità non passa per la bocca della Chiesa, la si nasconde a tutti i costi, costruendo un muro che impossibilita una riflessione razionale, un dialogo o anche una difesa da parte dei ridotti al silenzio. Così si alimenta nell’opinione pubblica i sentimenti negativi, la paura e il sospetto e alla fine odio verso quel gruppo silenziato.

Poi però racconta di oltre metà del clero dichiaratamente omosessuale, di un papato quasi allegramente gay, quello di Benedetto XVI, con corredo di ermellini e vesti damascate. Che reazioni pensa che susciterà il suo racconto?

Confido nei miei lettori e lettrici e nelle loro reazioni di benevola riflessione. Il mio libro ha uno stile sui generis, non manca anche di distensione e di ironia, di una certa relativizzazione delle cose serie affinché queste non ci schiaccino e annoino. Però, riflettiamo su quanto ha detto: pensa che le infinite processioni cattoliche ad iniziare da Corpus Domini sono molto lontane da una Gay Pride? A me non sembra, esprimono in fondo lo stesso bisogno di espressione pubblica e festiva della propria identità (di cattolici o di gay). Certo, non possiamo dimenticate, che la Gay Pride nasce come forma di difesa della propria identità e dei diritti umani di una minoranza, che altrimenti non riesce ad affermare la propria visibilità. Le processioni cattoliche fanno semplicemente festa cattolica per la strade, mentre Gay Pride è un atto di pubblica rivendicazione di diritti negati. Solo qui sta la differenza. Noi cattolici lottiamo contro Gay Pride, ma siamo i primi che rivendichiamo di potere fare una festa colorata di affermazione della nostra identità nelle processioni…

Il suo coming out è stato una conquista lenta o un’illuminazione?

È stato un cammino tipico per ogni gay. La psicologia delle persone gay obbligate di nascondere la propria omosessualità indica le tre tappe di percorso di ammettere chi sono. Quel processo è spesso molto difficile e lento, se contrastato dall’omofobia regnante: la prima tappa è il coming out davanti a se stesso, poi davanti a pochi intimi, famigliari o amici, poi finalmente la terza tappa è la rivelazione di se stesso al mondo. Ho percorso tutte queste tappe.

Quanto è stato determinante il far parte dell’attuale Inquisizione, la Congregazione della Fede. Un mondo che descrivo squallidamente dedito al pettegolezzo, a distruggere l’avversario all’insegna del sospetto “colui è gay”

Vorrei che su questi punti si volesse leggere il mio volume, magari in mezzo alla distensione delle vacanze nelle nostre spiagge. Prometto che le descrizioni date non vogliono essere pesanti: credo che possono andare bene per una riflessione vacanziera…

Nemmeno il papato di Francesco sembra di capire, potrà molto con un oscurantismo lungo secoli?

Anche Papa Bergoglio l’ha delusa?

Deluso è una grande parola. Forse le attese suscitate in principio del pontificato erano troppo belle per poter essere reali.

I gay, come i bambini, come le donne, da quel che racconta lei, insomma i deboli, sembrano non poter trovare conforto e tutela in una Chiesa machista, omofoba e misogina?

Ha ragione: sono discriminati, perché ritenuti inferiori e deboli, ma non sono né uno né altro. Sono e devono essere se stessi e come tali devono essere rispettati. È la Chiesa che deve staccarsi da quegli orrendi aggettivi: machista, omofoba, misogina; e che purtroppo la tengono ancora prigioniera.

E una chiesa anche pedofila?

Direi che la Chiesa ha un gran problema di pedofilia e non ha iniziato ancora investigare adeguatamente le cause di questo crimine. Anzi ha accusato il mondo di influirla e così far crescere i reati. Mentre le cause della pedofilia stanno nella Chiesa, nella sua struttura, nella sua cultura del silenzio attorno alla sessualità, nel complesso della sessualità infuso nei fedeli, nel celibato imposto per forza come obbligatorio, etc.

Se tornasse indietro nella sua vita, prenderebbe ancora i voti?

Sempre volevo essere sacerdote e non accanto o nonostante la mia omosessualità, ma proprio in quanto gay volevo essere prete. Non ho rinunciato a questo desiderio. Ma certo con la mia conoscenza di oggi esigerei prima dalla Chiesa di riflettere sulla stigmatizzazione dei gay.

Che cosa o chi potrebbe davvero cambiare la Chiesa?

Chi? Gli uomini e le donne del nostro tempo! Il cambiamento inizia dal basso, dalle parrocchie, dalla gente che pensa, dalle gente che smette di aver paura della Chiesa istituzionale, del prete, del parroco, dell’autorità machista, e inizia a comunicare specialmente ai preti la propria vita ed esige di non essere continuamente condannata, stigmatizzata, giudicata, ma ascoltata. Dall’ascolto e dal dialogo della gente inizia il cambio.

Oggi come vive, di che cosa?

Vivo come scrittore e attivista femminista e difensore di diritti umani delle donne, delle minoranze sessuali e di tutti che si sentono discriminati. In questo senso continuo “fare prete”, che significa mettersi da parte dei perseguitati.

In che cosa ha fede?

Ho la fede in Dio, ma anche nell’uomo: nell’umanità di uomini e donne. Credo nella persona umana con tutti i suoi miseri.

Per cosa prova sconforto e sfiducia?

Non saprei… Mi sembra che con il mio coming out ho rinforzato addirittura la mia fiducia nella gente. Mi disturba l’ipocrisia, la doppiezza e la falsità.

Con il suo compagno pensate a sposarvi e avere dei figli?

Noi pensiamo soprattutto di vivere felici. Ci amiamo e questo dà il senso alla nostra vita. Queste sono decisioni personali di coppia. Dunque la risposta alla domanda lascerei quando risponderemmo in due: io ed Eduard. Ciò che a me preme di sottolineare è il diritto umano che difendo nella mia attività: il matrimonio ugualitario per tutti. Né lo Stato né la Chiesa possano escludere qualcuno per motivi di orientamento sessuale dal matrimonio (il che non significa che io proprio voglio subito “sposarmi in chiesa”). Oggi vorrei dire: onore a Italia che ha proceduto sulla strada del riconoscimento dei diritti umani delle persone non-eterosessuali ad amare (nelle unioni civili). Abbiamo ancora la strada da fare. Ma vorrei che tutti noi, forse proprio durante queste vacanze, pensiamo un istante se c’è veramente qualcosa di essenziale che ci disturba nel matrimonio di due uomini o di due donne che si amano e non fanno male a nessuno con loro amore. A me sembra di no! Qui dobbiamo superare certi muri e schemi che ci ha imposto la mentalità cattolica. Sono sicuro che riflettendo senza pregiudizi scopriremo che in sostanza non abbiamo nulla in contrario che due gay o due lesbiche possano essere felicemente uniti nel matrimonio con i loro figli. Solo che la mentalità dominante ci ha abituato di stigmatizzare questi fratelli e sorelle e le loro famiglie arcobaleno. Da questa stigmatizzazione dobbiamo liberarci.

Buona Fortuna, Cristoforo

Grazie e buona estate a Voi! Non dimenticate che ogni giorno abbiamo bisogno di un po’ di silenzio e di riflessione e anche di amore e di comprensione verso gli altri. E risposateVi durante l’estate…

 

Integrale della Intervista pubblicata su Diva e donna in edicola fino al 26 luglio 2016